Salvatore Capobianco – Roberta Carelli

Retinopatia del prematuro

L’importanza del problema. Cenni sui numeri

La retinopatia del prematuro (ROP) è una malattia della retina, che colpisce i neonati prematuri con una aggressività tanto maggiore quanto minori sono il peso alla nascita e l’età gestazionale. Può condurre, se lasciata alla sua naturale evoluzione, ad una grave compromissione della funzione visiva, soprattutto nei nati prima di 31-32 settimane e/o con peso alla nascita inferiore a 1250 g. Tale patologia, in genere bilaterale, è una delle cause più comuni di perdita visiva in età pediatrica e può comportare ipovisione permanente e cecità (Tasman 2006).

La prima diagnosi fu eseguita nel 1942 da Terry, sulla base di reperti istologici dello stadio terminale cicatriziale di tale patologia. Successivamente, nel 1951, Campbell ha suggerito una possibile correlazione tra la ROP e l’introduzione della terapia con ossigeno in neonatologia, teoria confermata da Patz.

A tutt’oggi la ROP appare una malattia multifattoriale le cui cause fondamentali sono il basso peso alla nascita e la bassa età gestazionale con tutto quello che ciò comporta. L’incidenza della ROP nei neonati prematuri è inversamente proporzionale al loro peso alla nascita. Fielder, in diversi studi, ha ampiamente studiato la ROP. In un lavoro del 2007 con altri colleghi, riporta che il 50% dei bambini con peso alla nascita < 1701 g mostravano, a 10-13 anni di età, un outcome oftalmico negativo (ridotta acuità visiva, miopia, strabismo, deficit colori, deficit campo visivo).

Secondo dati che emergono dal rapporto "Born too soon: the global action report on preterm birth", pubblicato a maggio 2012 dall’OMS, nel mondo nascono circa 135 milioni di neonati nati vivi, di questi 15 milioni nascono prematuri.

Superano il milione i neonati che muoiono annualmente a causa di complicanze legate al parto pretermine (Blencowe 2012) e, tra quelli che sopravvivono, si riscontrano spesso gravi disabilità permanenti.

Il range di nascite premature è variabile tra il 5 ed il 18%, considerando studi epidemiologici effettuati in 184 paesi del mondo.

L’80% delle nascite premature avviene tra le 32 e le 37 settimane di gestazione ("moderate late preterm") e la maggior parte di questi neonati può sopravvivere con adeguate cure neonatali essenziali.

Circa il 10 % dei neonati prematuri nasce tra le 28 e le 32 settimane; nei paesi a basso reddito più della metà di tali neonati purtroppo muore, nonostante potrebbe essere salvato con cure adeguate.

I pretermine nati prima delle 28 settimane, rappresentano circa il 5% dei nati prematuri, in tale caso la terapia intensiva neonatale è indispensabile al fine di salvarne la maggioranza.

La percentuale di nascite pretermine è aumentata negli ultimi 20 anni in quasi tutti i paesi presi in esame dagli esperti dell’OMS e rappresenta la seconda causa di morte, dopo le pneumopatie, nei neonati al di sotto dei 5 anni di vita nonché la causa più frequente di decesso in TIN nei primi mesi di vita (Liu 2012).

Le motivazioni della nascita prematura variano in base ad età gestazionale, fattori sociali ed ambientali; tuttavia la causa rimane non identificata in circa la metà dei parti pretermine. Tra i fattori materni associati a tale aumentata incidenza si segnalano condizioni socioeconomiche, stile di vita, patologie preesistenti (nefropatie, ipertensione, obesità e diabete), età materna precoce o avanzata, brevi intervalli inter-gravidanza, basso BMI materno, tecniche di procreazione assistita/gravidanze multiple, infezioni (vie urinarie, malaria, vaginiti batteriche, HIV e sifilide). Tra i fattori fetali associati a parto pretermine ricordiamo invece la severa pre-eclampsia, il distacco di placenta, la rottura uterina, la colestasi, il distress fetale ed il ritardo di crescita.

A differenza di altre patologie di interesse globale, la prematurità è un serio problema mondiale con una elevata incidenza anche in paesi ad alto reddito (ad es. negli stati Uniti quasi un neonato su 8 nasce prematuro). Tuttavia, mentre il rischio di nascita prematura è elevato sia nei paesi più poveri che in quelli ad alto reddito, esiste un ampio gap di sopravvivenza: il rischio di morte neonatale per complicanze legate alla nascita prematura è almeno 12 volte maggiore nei paesi africani rispetto a quelli europei. Si registra inoltre una grande differenza nei dati di sopravvivenza di questi bambini tra i vari Paesi: il 90% dei bambini nati prima delle 28 settimane non supera i primi giorni di vita nei Paesi a basso reddito, mentre si registra un tasso del 10% in quelli ad alto reddito. In questi ultimi infatti, la metà dei neonati di 24 settimane può sopravvivere, mentre nei paesi meno sviluppati la metà dei neonati nati a 32 settimane continua purtroppo a morire per carenza di assistenza di base. Nascere prematuri aumenta anche il decesso per altre cause associate, in particolare le infezioni neonatali (Lawn 2005); la nascita prematura è stimata inoltre essere un fattore di rischio in almeno il 50 % di tutte le morti neonatali (Lawn 2010).

Oltre al significativo contributo della prematurità nei tassi di mortalità neonatale, sono purtroppo importanti gli esiti di questa e delle patologie che l’accompagnano nei sopravvissuti, tra questi un alterato sviluppo neuromotorio, il rischio di paralisi cerebrale infantile, le gravi alterazioni visive (Rogers 2011).

Oltre alla dimensione del problema, il rapporto dell’OMS descrive le disparità di incidenza del fenomeno tra le diverse aree geografiche, con un range variabile dal 5 %, in diversi paesi del nord Europa, fino al 18.1% in Malawi. La stima della incidenza di nascite premature è infatti inferiore al 10% in 88 paesi, mentre 11 paesi hanno tassi stimati maggiori del 15%.

Si segnala infine, che oltre il 60% dei parti prematuri è registrato nell’Africa Subsahariana ed in Asia, dove 9,1 milioni di nascite (12.8%) sono prematuri. 10 paesi del mondo registrano infatti il 60% del totale dei nati prematuri mondiali: India, Cina, Nigeria, Pakistan, Indonesia, Stati Uniti, Bangladesh, Fillippine, Repubblica Democratica del Congo e Brasile.

L’alto numero assoluto di nati prematuri in queste aree è anche dovuto, in parte, alla elevata fertilità in queste zone rispetto ad altre parti del mondo.

Tuttavia la variabilità riguarda anche i Paesi del Nord del mondo; basti pensare che negli Stati Uniti il 12% dei neonati nasce prematuro contro una proporzione media del 9% dei Paesi a reddito elevato.

In Italia, l’incidenza della prematurità è intorno al 7%.

Il rapporto Istisan 11/44 "Esiti dei neonati di basso peso nelle Terapie Intensive Neonatali partecipanti all’Italian Neonatal Network nel 2008", pubblicato a maggio 2012, presenta i dati di attività delle 56 Terapie intensive neonatali, aderenti al Network nel 2008, e quelli di esito dei neonati ricoverati, di peso inferiore ai 1500 grammi o di età gestazionale inferiore alle 30 settimane. Il rapporto nasce dalla collaborazione tra Istituto superiore di sanità (Iss), Inn e Società italiana di neonatologia (Sin) e rappresenta il primo tentativo di analisi sistematica della situazione dell’assistenza dei neonati pretermine in Italia.

La proporzione di neonati Very Low Birth Weight in Italia nel 2008 era pari allo 0,9% del totale dei nati, in linea con i valori medi europei.

Come già si è detto, la prematurità può portare esiti anche a lungo termine a carico dell’apparato visivo sia per i problemi neurologici che tali neonati spesso presentano, sia per la ROP, con severo deficit visivo, strabismo, ambliopia, incrementata incidenza di difetti di refrazione (nel circa 25% dei bambini estremamente prematuri) (O’Connor 2007). Esiste comunque un tasso aumentato di tali problematiche, rispetto alla popolazione generale, anche in neonati "moderatamente pretermine".

Si registrano informazioni significative sulla base dei report degli Stati Uniti: annualmente, circa 1.100 – 1.500 neonati sviluppano ROP severa, tale da richiedere urgente trattamento e, in media, 500 - 700 neonati diventano ciechi per gravi esiti di ROP. Annualmente, 2100 neonati presentano esiti cicatriziali della retinopatia, quali miopia, strabismo, distacco di retina tardivo. In media circa il 20% dei neonati prematuri svilupperà una qualche forma di strabismo o difetto refrattivo entro i 3 anni di vita.

Secondo il lavoro pubblicato da Blencowe nel 2013, si stima che circa 180.000 neonati, nel mondo, abbiano sviluppato nel 2010 un certo grado di ROP e di questi circa il 10% abbia poi presentato cecità o deficit visivi severi ed un ulteriore 7% abbia sviluppato un deficit visivo moderato. Fielder, in uno studio del 2015, esamina come nei paesi ad alto reddito vi sia un rischio di cecità legata alla ROP in genere confinata ai piccoli con peso inferiore ai 1000 g, mentre nei paesi a basso o medio reddito anche bimbi nati con peso > 2500 g corrono il pericolo di diventare ciechi.

Ricordiamo inoltre che oggi, con il miglioramento dell’assistenza clinica, neonati sempre più piccoli e caratterizzati da prematurità più estrema sopravvivono. Tali piccoli sono tuttavia sempre più a rischio di sviluppare ROP gravi.

Nei casi di ROP "moderata", la patologia migliora e, in genere, non lascia esiti permanenti. Fortunatamente circa il 90 % dei neonati affetti da ROP può essere considerata affetta da ROP "moderata" e come tale non necessità di trattamento.

Alla luce di quanto esposto, si evince come la Retinopatia del prematuro rappresenti una problematica di sempre maggiore interesse e responsabilità, a livello globale, per tutti quegli specialisti che per le loro attività vengano in contatto con neonati prematuri.